Presenza dell’assenza: Rachel Whiteread

Il concetto del vuoto nell’arte è un tema intrigante e complesso che ha affascinato artisti, critici e filosofi per secoli. Il vuoto, che sia inteso come spazio o assenza di contenuto visibile, ha svolto un ruolo significativo in diverse discipline artistiche, contribuendo a plasmare l’estetica e la percezione dell’arte stessa. In questo articolo ti parlerò di un’artista che ha trattato con cura la presenza dell’assenza: Rachel Whiteread.

La poetica del vuoto

Il vuoto può assumere diverse connotazioni che variano da artista ad artista e da un movimento artistico a un altro. Può essere citato per enfatizzare, per meditare, per esprimere l’assenza o per stimolare l’immaginazione dello spettatore. Quante opere chiedono il coinvolgimento del fruitore per riempire con la propria partecipazione quel vuoto che l’artista crea lasciando in sospeso qualcosa? Probabilmente innumerevoli. La mancanza di dettagli o di contenuto esplicito può invitare lo spettatore a riempire il vuoto con la propria immaginazione ed esperienza personale.

L'Homme au doigt - Wikipedia
L’uomo al dito, 1947

Questo approccio è visibile in opere come L’uomo al dito di Alberto Giacometti. Questa si presenta come una figura umana stilizzata che sembra emergere dal vuoto, consentendo a chi osserva di attribuirgli significato e storia. Si tratta di un concetto continuamente sfuggente e mutevole, ma che contribuisce a rendere l’arte un campo ricco di sfumature e interpretazioni diverse.

Il vuoto può essere un mezzo per esprimere l’assenza o l’assurdità. Alcuni artisti utilizzano il vuoto per rappresentare concetti come l’isolamento, la mancanza di significato o la solitudine. Questo approccio è evidente nelle opere di artisti d’avanguardia come Marcel Duchamp noto per opere come Fontana. È nel contesto di quest’opera che un oggetto comune, quale un orinatoio diventa arte attraverso la sua disposizione in uno spazio vuoto.

Fontana, 1917
I capolavori tragici di Mark Rothko: biografia e opere dell'artista

Un’ultima funzione del vuoto che voglio portare alla tua attenzione è quella dello spazio negativo. Se ti ricordi, ne abbiamo già parlato in un altro articolo, ma tela spiego meglio adesso. Il vuoto può essere considerato come uno spazio negativo nell’arte visiva, il quale assume un ruolo attivo nell’opera d’arte. L’artista può giocare con lo spazio vuoto intorno a un oggetto o all’interno di una composizione, per enfatizzare il soggetto o creare un senso di equilibrio. Questo concetto è evidente nelle opere di artisti come Mark Rothko, noto per i suoi campi di colore su tela, dove il vuoto tra i blocchi di colore assume un significato particolare nella fruizione dell’opera.

L’arte del vuoto

Ma tornando con i piedi per terra. Come si fa a rappresentare il vuoto? Come si fa a lasciare delle tracce simboliche e sensibili di qualcosa che non c’è? Beh, io non so darti una risposta a questa domanda. Un’artista però ha provato a spiegarcelo attraverso le sue opere: Rachel Whiteread. La maggior parte delle sue opere diventano espressione della porzione di spazio del negativo, la stessa occupata dall’oggetto rappresentato. È questo particolare uso dello spazio negativo che riesce a evocare, paradossalmente, l’assenza dell’oggetto. Potremmo definirla come l’arte del vuoto.

Una contrapposizione interessante quella che si concretizza tra il concetto di vuoto e la densità delle sue opere. Nel complesso trasmettono al fruitore la pesantezza di un vuoto che si presenta con un’estetica minimale e di carattere tangibile.

Tutti i suoi studi, guidati dai suoi interessi, tendono verso la materializzazione degli spazi negativi. Non importa quale sia il protagonista, si spazia da oggetti di uso comune come sedie e materassi a interi edifici.

https://gagosian.com/artists/rachel-whiteread/

Volevo preservare il quotidiano, volevo dare autorità alle cose più dimenticate

Rachel Whiteread

É così che Rachel Whiteread cerca di dare forma tangibile a un’esperienza reale, altrimenti invisibile. Traslando su un livello pratico questa sua intenzione, la tecnica che si è ben sposata con ciò è stata la realizzazione di calchi attraverso colate di materiali come cemento, gesso, o resina. Così facendo ha saputo ottenere opere derivanti dal negativo di volumi esistenti.

Tracce del vuoto nella quotidianità

Tra le diverse opere rappresentative, voglio portare il tuo sguardo oltre la cornice, o meglio il cemento, di House, la stessa che le ha consentito di vincere il Turner Prize, assegnato per la prima volta a una donna. Si presenta come il calco di una vera e propria abitazione. L’artista ha simbolicamente conservato la sua essenza, poiché una volta che la casa è stata demolita, ciò che ne è rimasto è stato il suo volume interno. Il solido blocco di cemento ha reso evidente non tanto l’architettura in sé, quanto lo spazio che essa delimitava; il suo spazio negativo, il risultato è rivelare i volumi interni di stanze non più abitabili. Restituendo vita a luoghi morti che l’occhio trascura, e che si rivelano invece densi di potere emozionale.

Rachel Whiteread's Uncanny Monument 'House' | Frieze
House, 1993

L’idea di House nasce sulla scia di un’opera precedente Ghost, calco di gesso di un piccolo monolocale. L’impatto emotivo di Ghost era stato così forte da spingere Whiteread a cercare di replicarlo, questa volta utilizzando una casa intera e il cemento armato. 

Ghost, 1990

Vorrei che ti prendessi del tempo per osservare bene queste opere. House e Ghost. Concentrati sulla tua percezione di questa assenza visibile. Non appena ti sarai risposto, continua pure a leggere l’articolo, tela spiego da un altro punto di vista.

Ragionando un po’ davanti questa rappresentazione, avrai notato come la vera assenza che evoca sia quella degli esseri umani. La presenza umana è ciò che è davvero assente. Rimpiazzata con colate di materiale, in questo caso cemento, che abita gli stessi luoghi che una volta accoglievano anime umane. È così che Whiteread decide di raffigurare le tracce che lascia il vuoto nella quotidianità. Un vuoto materico e pesante che, ossimoricamente parlando, si discosta da ciò che comunemente evoca il concetto di assenza e lascia un sorriso a chi riesce a percepirlo.

Peso di vuoto e solitudine

L’ultima riflessione, prima di salutarti, affonda le radici nel confronto tra il vuoto e la solitudine. È curioso notare come l’assenza rappresentata da Whiteread sia affine al sentimento della solitudine. Qualcosa di non percepibile dall’esterno, ma spesso vissuta internamente come qualcosa di opprimente, un’analogia che trova espressione nel peso che la solitudine può avere sulla psiche umana, lo stesso peso che trasmettono le colate materiche di Rachel.

Come sempre spero che questo viaggio dentro l’arte ti abbia regalato dei piacevoli attimi di riflessione, e ti aspetto al prossimo appuntamento per portare insieme lo sguardo oltre la cornice.

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