Un giovane entra nella casa di due mercanti d’arte e nota un quadro di Kandiskij dipinto su entrambi i lati. Esiste davvero? Cosa significano le due facce? Che valore assumono forma e colore? Se non sai come rispondere a queste domande, non c’è problema: tela spiego tra pochi istanti.
Un quadro unico…
Sei gradi di separazione è un film del 1993 diretto da Fred Schepisi, tratto da una pièce teatrale curata dallo stesso sceneggiatore della pellicola. Come si può intuire dal titolo dell’opera, il film riprende la teoria dei sei gradi di separazione elaborata dallo psicologo americano Stanley Milgram. secondo questa ipotesi, ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze composta da non più di 5 intermediari.
La trama del film, infatti, prende il via proprio da una situazione di conoscenze “alla lontana”. Durante una conversazione con un cliente nel proprio appartamento di New York, i coniugi Kittredge, due mercanti d’arte, vengono interrotti dal citofono. Si ritrovano allora a dover prestare aiuto a Paul (un giovane Will Smith), un giovane che dice di essere collega di università del loro figlio ad Harvard. Da qui inizia un gioco di apparenze e di racconti che terrà banco per tutta la durata del film, articolandosi anche su più livelli. Ma non parleremo di questo oggi.
Quando Paul entra in casa dei Kittredge, non può fare a meno di notare un quadro di Kandiskij. Anzi, sarebbe meglio dire due quadri. Proprio perché la particolarità di questa tela è quella di essere dipinta da entrambi i lati, con due stili diversi.
Quello che lo rende eccezionale è che Kandinskij ha dipinto le due facce della tela in due stili radicalmente diversi. Uno è vivace e caotico. L’altro severo e geometrico.
Flan Kittredge
…ma inesistente
In realtà, non esiste un quadro di Kandiskij dipinto su entrambi i lati. Il quadro bifronte del film funge da metafora della doppia faccia che mostra il personaggio di Paul nel corso del film. Ma i due quadri che lo compongono esistono davvero. Si tratta infatti di Schwarze Linien (Linee nere, 1913) per il lato vivace e caotico e di Einige Kreise (Alcuni cerchi, 1926) per il lato severo e geometrico.
Immagine come espressione pura
Vassilj Kandiskij è senza dubbio il padre dell’astrattismo, avanguardia artistica che si pone l’arduo obiettivo esprimere e rappresentare le emozioni senza però alcun riferimento alla realtà circostante. Lo stesso Kandiskij affermava che la scelta del soggetto deve essere legata a una corrispondente vibrazione dell’anima. Il suo astrattismo, inoltre, è fortemente enigmatico e presenta riferimenti mistici e spirituali.
Questa corrente pittorica, dunque, si allontana dalla tendenza alla rappresentazione naturalistica, per cercare invece una rappresentazione assoluta, un po’ come faceva già la musica. In quest’ottica, le due componenti fondamentali per rivelare gli aspetti nascosti della realtà diventano forma e colore, argomenti a cui lo stesso pittore russo ha dedicato numerosi libri. Anzi, egli ha proprio teorizzato un sistema di corrispondenze tra i segni e i colori da lui utilizzati. In Punto linea superficie (1926), ad esempio, l’artista scrive un trattato in cui stabilisce una relazione sinestetica tra linguaggi diversi.
Il giallo è dotato di una follia vitale, prorompente, di un’irrazionalità cieca; viene paragonato al suono di una tromba, di una fanfara. Il rosso è caldo, vitale, vivace, irrequieto ma diverso dal giallo, perché non ha la sua superficialità. L’energia del rosso è consapevole, può essere canalizzata. […] Il blu è il colore del cielo, è profondo: quando è intenso suggerisce quiete, quando tende al nero è fortemente drammatico, quando tende ai toni più chiari le sue qualità sono simili a quelle dell’azzurro. […] Il nero è mancanza di luce, è un non-colore, è spento come un rogo arso completamente. È un silenzio di morte; è la pausa finale di un’esecuzione musicale, tuttavia a differenza del bianco fa risaltare qualsiasi colore.
Vassilj Kandiskij, Lo spirituale nell’arte (1911)
Una sinfonia di colori
In Linee Nere, uno dei primi dipinti pienamente astratti dell’arista, il pittore dipinge forme ovali colorate, attraversate da rapide linee nere. Si crea subito un contrasto tra tridimensionalità delle figure colorate e bidimensionalità delle rette. Alla luce del legame tra musica, forma e colore espresso precedentemente, quest’opera sembra quasi il tentativo di mettere su tela una partitura musicale. Dopo aver assorbito il quadro visivamente, sembra quasi possibile ascoltarlo chiudendo gli occhi, con esplosioni sonore che si alternano a note più rapide ma ugualmente incisive.
Un cielo notturno
Alcuni cerchi, invece, è composto da una serie di cerchi colorati su fondo scuro, che interagiscono fra loro, intersecandosi o sovrapponendosi. Pur mantenendo le distanze con la realtà, tipiche di questa corrente, il quadro presenta una serie di figure che sembrano quasi riconoscibili. Infatti, una delle interpretazioni più accreditate vede questo quadro come la rappresentazione di un cielo notturno. I cerchi che compongono l’opera sono facilmente interpretabili come pianeti. Tra questi, il più grande sembra essere rappresentato addirittura durante un’eclissi, a causa dell’anello bianco che lo circonda.
Sebbene questa visione sia altamente suggestiva, è bene ricordare ciò che il pittore stesso aveva scritto in un saggio 15 anni prima alla realizzazione della tela. Ne Lo spirituale nell’arte (1911), infatti, Kandiskij scrive che “il cerchio è la sintesi delle più grandi opposizioni” perché combina il centrifugo e il centripeto, combina la spinta ad andare lontano da tutto e la spinta che vi ritorna. La scelta di questa forma, dunque, non rappresenta i pianeti, o meglio, non solo i pianeti. Il pittore vuole mettere in campo un dinamismo che solo questa combinazione di forma e colore, dal suo punto di vista, può esprimere propriamente. E osservando il quadro sembra quasi di percepire queste forme fluttuare, magari seguendo orbite proprie dei corpi celesti.
Due quadri uniti per diventare simbolo della personalità di un personaggio, con lati contrapposti ma non così tanto. Ti aspetto alla prossima occasione per portare lo sguardo attraverso lo schermo ed espanderlo oltre la cornice.