Una personalità audace che porta a esplorare i confini tra vita e morte, bellezza e banalità. Sfidando le convenzioni artistiche, ha dato prova del suo estro provocatorio che spesso oscilla tra il macabro e sublime. Sto parlando di Damien Hirst e della sua eterna provocazione.
Personalità visionarie: Young British Artists
Prima di raccontarti la storia di Hirst e della sua arte, è indispensabile farti conoscere un particolare gruppo di artisti: Gli Young British Artists (YBAs). Sarebbe più corretto definirla una vera e propria generazione di artisti britannici, come il nome stesso suggerisce, emersa alla fine degli anni ’80 e consolidata poi negli anni ’90. Vista la profonda eterogeneità che li caratterizza, è difficile fornire una definizione univoca della loro espressione; infatti, vi è una totale apertura nei confronti dei media artistici: dalla pittura alla fotografia, al disegno e all’incisione.
La storia di questa generazione ha inizio nel 1988, con la mostra Freeze organizzata da Damien Hirst. Questa ha avuto luogo in un vecchio magazzino londinese e ha presentato opere di giovani artisti che non accettavano le convenzioni artistiche, ma esprimevano una totale libertà d’espressione innovativa. Tra i tanti partecipanti figurano nomi di personalità artistiche destinate a lasciare il segno nell’arte contemporanee, ricordiamo ad esempio Tracey Emin e Sarah Lucas. Anche Rachel Whiteread, di cui abbiamo già parlato, e la sua poetica del vuoto fanno parte di questa generazione.
Tra critiche e dibattiti
Il loro carattere artistico risente molto delle influenze dell’arte concettuale, del minimalismo e soprattutto della Pop Art, tanto da esserne definiti gli eredi. A differenziarli e contraddistinguerli è stata, però, la loro predisposizione audace e provocatoria che si è tradotta nella ricerca di effetti spettacolari o shock visivi. I temi che troviamo nelle loro opere spaziano dalla politica alla religione, fino ad arrivare alla cultura di massa.
L’etichetta YBA si è rivelata fondamentale nella promozione mediatica delle loro opere, resa possibile dalla capacità degli artisti di saper sfruttare i mezzi di comunicazione di massa per promuoversi. Grazie a ciò, hanno raggiunto un pubblico vasto e diversificato, rendendo l’arte contemporanea accessibile a un pubblico più ampio.
Complice di ciò è stato sicuramente il dibattito pubblico, che si è sviluppato intorno alle loro opere. Queste, caratterizzate da tematiche disturbanti, risultavano provocatorie nei confronti di alcuni settori della società che hanno risposto con critiche e polemiche.
Osserva quest’opera ad esempio. Si tratta di un lavoro di Tracey Emin, consiste nella rappresentazione del suo letto. Questo si presenta caotico, sporco e sembra quasi emergere dal disordine dei suoi oggetti personali. Le polemiche sono emerse in relazione alla rappresentazione cruda e molto esplicita della vita privata dell’artista, che ha suscitato domande sulla definizione del confine tra pubblico e privato.
Tra genio e controversia: Damien Hirst
Bene. Dopo questo breve excursus sui YBA, è arrivato il momento di Damien Hirst. Si tratta, con molta probabilità, di uno dei nomi più riconosciuti tra i membri di questo movimento. Nasce nel 1965 a Bristol in Inghilterra e, come ti avevo già anticipato, i temi delle sue opere esplorano spesso il confine tra vita e morte, portando a riflettere sulla fragilità dell’esistenza umana attraverso un’eterna provocazione; e per farlo, si serve di una vasta gamma di mezzi espressivi, tra sculture, installazioni, dipinti e molto altro.
Tra vita, morte e diamanti
A proposito delle sue opere, una prima citazione va riservata a “For the Love of God“. Si presenta come la scultura di un teschio umano interamente rivestito in diamanti. Si tratta di un rivestimento che ha trasformato il simbolo della morte per antonomasia in un’icona di bellezza eterna. I diamanti, simbolo di eternità e valore aprono spazio a un contrasto tra luce e oscurità, tra vita e morte, che si pone al centro dell’interpretazione di quest’opera.
L’eterna provocazione: The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living
Tuttavia, se dovessi citarti il capolavoro più noto di quest’artista sarebbe : The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living. Di certo un titolo non breve, che racchiude in sé il significato dell’opera, ma tela spiego ancora meglio con qualche approfondimento. L’opera si presenta con uno squalo tigre conservato in formaldeide all’interno di una teca di vetro. Ciò che ha mosso Hirst nella realizzazione dell’opera è la volontà di suscitare, in chi l’osserva, l’esperienza di confronto diretto con la vita, o meglio, con la morte.
Il soggetto stesso dell’opera si presenta sospeso non solo nello spazio, ma anche nel tempo. Hirst ha avuto la capacità di rappresentare la morte congelando in eterno un momento di vita. Cambiando punto di vista, è possibile indagare gli stessi concetti attraverso lo sguardo dell’osservatore, il quale, dinanzi all’opera fa esperienza di emozioni spesso riconducibili alla paura e alla repulsione. Una paura che nasce dal confronto con un soggetto che minaccia la sua stessa esistenza. Lo squalo è, per definizione condivisa, simbolo di potenza, pericolo e mistero. È attraverso questo stesso confronto che l’artista riesce a far riflettere gli spettatori sul significato della vita e della reazione innata di paura nei confronti della morte.
Eterna provocazione
Ancora una volta, spero di averti condotto oltre la cornice e aver stimolato in te la consapevolezza sulla capacità che conservano molte opere di stimolare profonde riflessioni. È così che le opere di Hirst rivelano la complessità e la ricchezza dell’esperienza artistica, tralasciando il valore estetico della materia per indagare domande che risiedono al confine tra la vita e la morte.